Notte a Caracas by Karina Sainz Borgo

Notte a Caracas by Karina Sainz Borgo

autore:Karina Sainz Borgo [Sainz Borgo, Karina]
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 9788858430910
editore: Einaudi
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


Aurora Peralta Teijeiro. Data di nascita: 15 maggio 1972. Ora: tre e mezzo del pomeriggio. Luogo: Hospital de la Princesa, comune di Salamanca, provincia di Madrid. Padre: Fabián Peralta Veiga, originario di Lugo, Galizia. Madre: Julia Peralta Teijeiro, originaria di Lugo, Galizia. Nazionalità: spagnola. Motivo della richiesta: emissione del passaporto e del Documento nazionale di identità del Regno di Spagna. Accanto alla copia conforme del registro, c’era una lettera firmata dall’ufficio consolare della città, una lista dei documenti necessari, un’impegnativa con la data fissata per la pratica e un numero telefonico per richiedere informazioni. Mancavano due settimane all’appuntamento. Allora, sarebbe passato un mese dalla morte di mia madre, il 5 maggio.

Presi un asciugamano pulito e una coperta. Li lasciai sul tavolo della sala da pranzo. Tornai in camera da letto e chiusi la porta con il chiavistello. Trovai un raccoglitore rosso ad anelli nel primo cassetto del comò. All’interno c’era un altro certificato di nascita, quello di Julia, la madre di Aurora. Era nata a Viveiro, un paese sulla costa in provincia di Lugo, nel luglio 1954. L’originale e la copia del documento erano conservati insieme al certificato di morte, emesso a Caracas.

La morte di Julia Peralta era avvenuta alla vigilia del mio primo viaggio con Francisco al confine. Non furono molti, ma quello era stato il primo incarico del giornale per il quale lavoravo allora. Mi avevano assunto come correttrice di bozze. Con il passare del tempo avevo finito per fare molte altre cose. Scendevo al fotolito a correggere una didascalia o rifacevo un comunicato stampa, oppure telefonavo per confrontare dati che i redattori non avevano il tempo di verificare. Non c’era nessuno capace di risolvere cosí tante cose per cosí pochi soldi. Io avevo riletto quasi tutti i reportage di Francisco, il giornalista politico che aveva collezionato piú esclusive sulle attività della guerriglia colombiana. I capi avevano pensato che la persona ideale per accompagnarlo in quel viaggio fossi io. Sarei rimasta vicino al confine per tutta la durata dell’operazione che Francisco avrebbe coperto. Avevo domandato, ma i capi non mi avevano fornito altri particolari, mi avevano soltanto invitato a rispondere il prima possibile. Avevo accettato.

Quando ero arrivata a casa per fare i bagagli, avevo trovato mia madre che si stava preparando per il funerale di Julia Peralta.

«Ma come, vai al confine, sei pazza? La zona è a ferro e fuoco. Non mi accompagni a fare le condoglianze ad Aurora per la morte di Julia?»

«Mamma, non posso. Per favore, fagliele tu per me».

Mia madre era vestita di nero. Non si vestiva mai di quel colore. La faceva sembrare una di paese. Lo era, ma il lutto glielo ricordava. Le si attaccava alla pelle, come se fosse nei suoi geni e si manifestasse di colpo.

«Quando torni togliti quella roba, mamma», le avevo detto prima di andarmene.

Lei era rimasta in piedi, nella sala, a guardarsi il vestito, come se segretamente mi desse ragione. Il suo volto secco e privo di espressione mi era parso un’isola di tristezza. Mi ero pentita di avere detto quella frase.



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